[La Traccia – Anno IV – n. 22 – luglio 2003]
Davanti, una discesa tutta bianca, interminabile ci separava dal terreno sicuro e conosciuto.
Ah, la neve! Chi l’avrebbe detto? Così candida eppure così insidiosa! Ma senza i compagni della SEM: Ela, Sergio e Domenico non ce l’avrei mai fatta ad uscire da quel lungo quarto d’ora di paura che ho chiamato: l’Incubo Bianco.
Mi chiamo Isabella e sono una donna di mare “pentita”. Da quasi 2 anni, infatti, il mare non lo vedo più. E non tanto perché sono venuta a vivere a Milano, quanto perché non lo scelgo più come meta della mie vacanze estive. È il sole cocente sulla pelle che non sopporto, più del mare stesso… Eppure ne ho trascorse io di estati sotto il sole, sguazzando in acqua come un pesce…
Ma non è del mare che voglio adesso parlarvi, né delle mie estati dei vent’anni. Perché il mio vero amore, qui ve lo confido, è la Montagna, Amore della maturità. E, come tutte le cose che abbracciamo ormai da grandi, noi speriamo sempre che esse ci accompagnino e non ci lascino mai più! (…se qualcuno avesse pensato per libera associazione di idee al c.d. “amore della mia vita”… beh, come negarlo, ha rubato un po’ i miei pensieri).
Rispetto alla Montagna percepisco tutti i miei limiti: non mi oriento un granché bene (ma da quando con la SEM abbiamo scoperto cartina e bussola…!!!), mi stanco e rallento parecchio in salita, ho paura di perdermi, insomma tutta una serie di cose che potrebbero bastare da sole per farmi dire: Montagna adorata, non mi sento in fondo poi così degna ma… non voglio assolutamente perderti, perché? Perché tu mi dai tanto!
E poi, ci avete mai pensato voi? La salita, la fatica… una metafora perfetta della vita è la Montagna! C’è il sole e l’ombra. C’è il brutto, c’è la neve, il freddo e il caldo, c’è la pioggia. Tutto questo in un solo giorno di cammino in Montagna! È la sintesi della vita.
E il mare? Al mare invece c’è sempre il sole e non c’è mai silenzio… Il mare è indubbiamente la vacanza per eccellenza ma non è l’essenza della vita!
In Montagna, proprio come avviene nella vita vera, può capitare che ad un certo punto una grande paura attraversi il nostro cammino. E domenica scorsa, al passo d’Aviasco coperto di neve abbondante, beh, lì io ho avuto veramente paura! Come poche altre volte.
Una paura così forte che mi ha reso – per riprendere esattamente una parola utilizzata da Paola – bambina, proprio una bambina spaurita in cerca della sicurezza degli adulti, in questo caso i compagni esperti e calmi: Ela, Sergio e Domenico: senza di loro non ce l’avrei mai fatta!
Ma cosa è successo alla fine di così terribile? Dopo aver iniziato con il gruppo la discesa, dopo poco cammino, sono scivolata sulla neve e stavo rotolando giù dal pendio. Sono stati solo pochi metri, ma ho acquistato subito velocità; va detto, però, che prontamente sono riuscita a fermarmi utilizzando la piccozza e mettendo in pratica senza nemmeno rendermene conto del tutto, ciò che ci avevano insegnato poco prima gli accompagnatori.
Tutto bene allora qualcuno potrebbe dire. E invece no!
La paura di un pericolo più grande, di qualcosa di irreparabile che sarebbe potuto succedere mi ha spaventato a morte, mi ha messo la tremarella nelle gambe e di lì il blocco: non riuscirò mai a scendere di qui, dicevo!
Mettevo un passo e correvo il rischio di scivolare come prima, che terrore! Sergio ed Ela sono rimasti su con me, mi hanno rincuorato dapprima ed aiutato poi nella discesa, passo-passo.
La paura non mi ha lasciato fino al punto in cui la pendenza finalmente diminuiva e la neve cominciava a tenere più saldamente i nostri passi.
Quando siamo arrivati giù ho abbracciato i compagni della SEM e li ho ringraziati… signori, ma che avventura!
E tu, Montagna, amore della mia vita, non mi volevi mica tradire?!!
Isabella, 24-25 maggio 2003
[La Traccia – Anno IV – n. 22 – luglio 2003]