Il meteo in montagna

Le note sottostanti hanno il solo scopo di fornire agli escursionisti alcune nozioni base di meteorologia per una corretta lettura dei bollettini meteorologici; non vogliono minimamente sostituire un buon libro di meteorologia, cui senz’altro si rimanda per ulteriori approfondimenti. Le nozioni teoriche, estremamente semplificate, sono corredate da indicazioni pratiche che possono rivelarsi utili all’escursionista. Inoltre sono anche riportate alcune semplici norme comportamentali in caso di temporali.
Infine, viene riportato un elenco di siti meteorologici relativi alla zona alpina e alto-appenninica.

In montagna le condizioni atmosferiche non devono mai essere sottovalutate in quanto influiscono seriamente sulla riuscita di una escursione: in particolare, la nebbia e il freddo possono rendere difficoltose e potenzialmente pericolose anche le escursioni più semplici.
L’importanza primaria delle conoscenze di meteorologia per gli escursionisti è quella di essere in grado di riconoscere direttamente sul terreno i segni chiave delle variazioni del tempo atmosferico, in modo da poter agire di conseguenza e prevenire i problemi dovuti al peggioramento del tempo.

Dato che conoscere i principi base della meteorologia permette all’escursionista di interpretare correttamente i bollettini meteorologici, di seguito sono riportate alcune semplici definizioni dei concetti su cui si basano i bollettini. Anche se qui sono trattati singolarmente, si tenga presente che in natura tutti i fenomeni atmosferici sono strettamente correlati tra loro, complicando notevolmente la situazione e l’interpretazione dei dati.

Le previsioni del tempo si basano sulla rilevazione, interpretazione e correlazione di alcuni parametri fisici, quali temperatura e umidità dell’aria, pressione atmosferica, direzione e velocità dei venti. Inoltre, l’osservazione delle nubi può essere di grande ausilio sul campo.

La temperatura dell’aria

In condizioni di equilibrio termodinamico la temperatura dell’aria diminuisce di 0.6°C ogni 100 m di aumento della quota. Dal punto di vista prettamente teorico questo valore è poco applicabile in quanto la Terra non si trova in condizione di equilibrio; per quanto riguarda l’escursionista, invece, il dato è indicativo e diventa significativo quando viene integrato con osservazioni relative all’ambiente in cui ci si trova. Infatti, la temperatura dell’aria aumenta più per riverbero (albedo) che per irradiazione diretta del Sole, quindi, a parità di quota ed esposizione, l’aria di una zona con neve, ghiaccio o con rocce di colore chiaro sarà maggiormente riscaldata rispetto a una zona boschiva o lacustre.
Se localmente si manifestano anomalie di temperatura, cioè variazioni non direttamente correlate all’azione diurna del Sole, si può supporre di essere in presenza di un cambiamento del tempo.

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L’umidità dell’aria

L’aria è in grado di tenere in sospensione una certa quantità di acqua sotto forma di vapore; questa quantità è funzione della temperatura. A parità di umidità assoluta, all’aumentare della temperatura aumenta la capacità dell’aria di tenere in sospensione il vapore d’acqua, con conseguente diminuzione dell’umidità relativa dell’aria. Al contrario, se la temperatura dell’aria diminuisce, diminuisce anche il suo contenuto in vapore acqueo. Quanto tale diminuzione raggiunge il limite di saturazione tipico per quella temperatura, l’acqua in eccesso è espulsa dall’aria sotto forma di nebbia, pioggia, neve, grandine o rugiada (al suolo).
Una massa d’aria umida che s’innalza va incontro ad una diminuzione della temperatura e, quindi, non è più in grado di contenere la medesima quantità di umidità. In quota, l’acqua in eccesso è espulsa per condensa e dà forma alle nubi.

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La pressione atmosferica

L’aria ha un suo peso e quindi si può misurare la pressione che essa esercita sulla superficie terrestre. Dato che il peso dell’aria aumenta con la sua densità e diminuisce con la temperatura, ne consegue che l’alta pressione indicherà tempo bello e che la bassa pressione corrisponderà invece a tempo più brutto.
Se le condizioni atmosferiche sono stabili, la pressione atmosferica diminuisce di circa 9 mbar per ogni 100 metri di aumento di quota. Questa equazione che permette di correlare il barometro all’altimetro, strumento generalmente in dotazione agli escursionisti: se stazionando ad una certa altitudine per un tempo sufficientemente lungo (es. notte in rifugio) l’altimetro segnala una variazione di quota, allora è sicuramente in atto un cambiamento meteorologico e l’apparente variazione di quota è dovuta in realtà ad una variazione di pressione atmosferica.
In particolare:

  • se la quota è diminuita, si ha una alta pressione e ci sarà un miglioramento del tempo;
  • se la quota è aumentata, si ha una bassa pressione e ci sarà un peggioramento del tempo.

Nelle carte meteorologiche i punti a egual pressione atmosferica sono rappresentati con delle linee (isobare) ad andamento concentrico. Se al centro delle isobare si hanno valori di pressione bassi, la perturbazione è detta ciclonica, mentre se al centro delle isobare si ha un aumento della pressione atmosferica, la perturbazione è anticiclonica. Si tenga presente che una carta meteorologica rappresenta la posizione delle perturbazioni in un dato momento: per avere un’idea dell’evoluzione, è necessario conoscere la posizione delle suddette perturbazioni in momenti diversi (ora/giorno), in modo da stimarne il movimento e l’andamento e, quindi, ipotizzare un’evoluzione del tempo.

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I venti

I venti sono movimenti della massa d’aria in senso orizzontale (se il movimento avviene in senso verticale si parla di correnti) che si instaurano a causa della presenza di zone a diversa umidità dell’aria. Il vento si origina sempre dalla zona ad alta pressione verso quella a bassa pressione.
I venti sono importanti per l’escursionista perché, oltre ad essere potenzialmente fastidiosi, hanno un elevato potere raffreddante e provocano un significativo abbassamento della temperatura cui è esposto il nostro corpo: una temperatura di +10°C in assenza di vento corrisponde a 0°C con un vento che soffia a 30 km/h. Si tenga inoltre presente che il potere raffreddante del vento aumenta all’aumentare dell’intensità del vento stesso.
Oltre ai venti “classici” dell’arco alpino (Tramontana, vento freddo da Nord; Bora, vento freddo da NE; Scirocco, vento caldo-umido da SE; Libeccio, vento caldo-umido da SW; Ponente, da W), merita una nota particolare il Phoen: si tratta di un vento caldo, intenso, tipicamente invernale, associato a giornate serene che nell’arco alpino proviene generalmente da N. Il Phoen si genera dallo scontro di masse umide con una catena montuosa: nel superare la catena, la massa d’aria scivola sottovento lungo la montagna stessa, riscaldandosi.

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Le nubi

Una massa d’aria umida che si innalza, diminuisce progressivamente la sua temperatura e quindi la sua capacità di contenere vapor d’acqua, fino ad arrivare al limite di saturazione. Raggiunto tale limite l’acqua in eccesso è espulsa sotto forma di nebbia, nubi, pioggia, grandine, neve.
Le nubi sono classificate per la loro quota dal suolo (alte tra 6 e12 km; medie tra 2 e 6 km; basse sotto i 2 km), forma (strati se hanno sviluppo orizzontale, cumuli se hanno sviluppo verticale) e consistenza.
Una buona classificazione delle nubi completa di fotografie e di approfondimenti sulla formazione è reperibile sul sito astrogeo.va.it.
Per l’escursionista è importante saper riconoscere almeno due tipi di nuvole, cui si associano cambiamenti repentini del tempo. Si tratta dei cirrocumuli e dei cumulonembi.
I cirrocumuli, appartenenti alla nubi alte, sono costituiti da allineamenti continui di piccole nubi (il classico “cielo a pecorelle”) in banchi solitamente abbastanza estesi. La presenza nel cielo di cirrocumuli indica un peggioramento imminente delle condizioni del tempo.
I cumulonembi sono nubi con imponente sviluppo verticale che “non preannunciano nulla di buono”. E infatti da queste nubi si sviluppano precipitazioni (di pioggia o grandine) a carattere temporalesco accompagnate da fulmini.

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I temporali

Il temporale è un fenomeno convettivo intenso che si instaura tra le nubi e la Terra. Quando la carica elettrica è così elevata da perforare l’isolante (l’aria) interposto tra i due mezzi (nubi e Terra) si genera il fulmine.
Dato che la velocità di propagazione del suono nell’aria è di 340 m/sec e quella della luce è di 300.000 km/sec, si può calcolare la distanza in metri tra noi e il fulmine moltiplicando per 340 i secondi che intercorrono tra lampo e tuono.
Se il temporale si scatena quando siamo in montagna (cosa più frequente nei mesi non sostare in spazi aperti; stare accucciati con i piedi ben uniti, senza toccare i compagni (l’ideale è stare distanziati di una decina di metri); se bisogna spostarsi, è meglio farlo saltellano, toccano il suolo con un piede alla volta; tapparsi le orecchie con le mani per evitare danni ai timpani.

Ricordiamoci anche che i cavi metallici delle vie ferrate e dei sentieri attrezzati, così come le corde bagnate sono potenzialmente pericolosi in quanto veicoli preferenziali per la scarica dei fulmini. Eliminiamo anche oggetti acuminati con punte di acciaio (ombrelli, martelli da geologo).

Ricordiamo infine che le persone colpite da un fulmine non sono elettricamente cariche e quindi non si corre alcun rischio a toccarle e a soccorrerle. Rivolgersi subito al Soccorso Alpino: se il soccorso è rapido, le probabilità di sopravvivenza aumentano.